Sogni di (in)successo e altre amenità
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Di Diego Cocco

Il gaudio sbiadito di Cristian Ballerani
Il romanzo che sto scrivendo parla di una storia d’amore. Sarà ancora più azzardato de “Lo scrittore eterno muore ogni quarto d’ora” e molto probabilmente rimarrà a marcire dentro il cassetto della mia scrivania. Non importa. Ho scritto una storia d’amore come volevo io, una storia d’amore quanto più possibile reale, secondo il mio strambo metodo di analisi della questione. Amore come poesia. Può essere raccontato svelandone fino in fondo la sua natura? Io non conosco nemmeno il meccanismo del mio respiro. E lasciamo stare gli studi scientifici. L’anima si alimenta di sensazioni, sfumature, peccati. Anche e soprattutto di sogni.
Mi ritrovo dentro l’appartamento del grande
capo eterno (quinto piano)
a preparare la festa di fine secolo, il programma
prevede di dormire distesi sul pavimento
accanto alla propria famiglia,
le ore scivolano veloci senza aria
e la sera porta lo sconosciuto e delicato mercante.
Entra e dice di voler festeggiare insieme e si sdraia
mercante ottuso incompreso in un cappotto color carne
si sdraia e sfodera la prima tristezza;
io prendo il telefono coperto di adesivi
di conigli colorati e compongo il numero
della grande madre:
madre ascolta
hai voluto tu il mercante qui da noi? Ci avevi
lasciato la casa senza avvisare e adesso…
Sto parlando con timore mentre si forma
l’immagine di un cervello coperto di peli,
le sinapsi si attivano, scorre ancora energia
dentro quel vecchio cervello
scorre ancora energia per la risposta:
ho sentito il bisogno di accogliere.
Chiudo e mi distendo accanto ai miei
problemi. Creazione blaterata ma
indipendente dalle previsioni.
Sei libero di tornare quando rispondi
alla coerenza,
sei libero di tornare quando uccidi il fante
e infili il dito fra Re e Regina,
il temporale con voce nuova
porterà neve e un sorriso a denti
stretti, le parole si ripetono come
vagoni di un treno infinito,
quasi tutto carbone, un diamante
piccolo
in via di riduzione ogni tanto per
l’ossuta allegria. La festa c’è soltanto
perché sei abituato a chiamarla così.
Festa. C’è chi l’ha conosciuta prima di imbattersi nella sua antitesi. Cristian Ballerani scrive poesie senza voler essere uno scrittore. Poesia è anche opportunità, una chance per fare ordine e resistere alle tempeste della vita. Oggi lo ringrazio per aver deciso di condividere queste righe:
Non ho l’età
Di ritorno dal treno
La sabbia dal vetro cade all’indietro
Non ho l’età per arrendermi
Per lasciare spazi vuoti
Per cedere ai pianti
Non ho l’età
Per contemplare solo i tramonti
Per correr con te tra i vigneti
Perché la mia vita le dita schiocchi
Ma ho l’età
Per L’immensità dei tuoi occhi.
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Lievi le ore lievi le scogliere
Mai così nere mai così vere
Sorride persino il piombo delle nostre atmosfere
Succede alla fretta alla gretta e a lor signore
Il Talco la micocellulosa si fondon nelle vene
Cent'anni di mille muffite pene
Eravam solo anatroccoli…
Poco più che bambini
Coi nostri dondoli
I nostri giocattoli
Ora siamo come l'urlo del vento
Come un'urna cineraria di vento
Mentre la barba s'imbianca sul mento
E il gaudio è solo un ricordo sbiadito.
Cristian Ballerani
Nel momento in cui sto scrivendo questo pezzo mi mancano circa ventimila caratteri per terminare il romanzo. In pratica rimane da comporre il capitolo finale. Due innamorati felici e contenti pronti a generare la famiglia da biscotti o qualcosa di più triste?
Devo ancora decidere. L’amore non è una festa completa, l’amore è paradiso e malinconia. Mi guarderò intorno in attesa dei vostri suggerimenti.