Il coaching come supporto ai processi di cambiamento
Di Corinne Vigo
Segnalato con il form da:
2018-03-30

Da diversi anni ormai il panorama delle professioni d’aiuto si è arricchito di una nuova figura, il personal coach, con le sue tre principali declinazioni e specializzazioni: life, business e sport coaching.
Nel XVI secolo “coche” identificava un mezzo di trasporto trainato da cavalli e condotto da una guida: il cocchiere. Il termine anglosassone coach invece rinvia all’ambiente sportivo. E’ infatti il termine con cui frequentemente chiamiamo l’allenatore. Per raccontare un po’ di storia dobbiamo tornare indietro di circa quarant’anni, quando Timothy Gallwey un allenatore (coach) di tennis, notò che i giocatori si auto-correggevano quando venivano rivolte loro delle domande aperte invece dei suggerimenti su come migliorare. E’ proprio questo, infatti, uno dei principali strumenti che un bravo coach deve padroneggiare: l’arte di porre le domande giuste. Ed è anche il presupposto su cui si basa questa nuova professione, che si distingue dalla relazione terapeutica medico-paziente e dal tradizionale approccio consulenziale, per la capacità di lasciare al cliente la responsabilità e l’abilità di trovare in sé le soluzioni. Il coach è quindi un facilitatore di processi di cambiamento e di problem solving. Già Edgar H. Schein nel descrivere la consulenza di processo, riteneva indispensabile che il cliente o il paziente ricoprissero un ruolo attivo nella relazione d’aiuto e recuperassero la responsabilità del loro cambiamento e della loro guarigione. Per rendere possibile tutto ciò, il coach dev’essere una guida al raggiungimento degli obbiettivi del proprio cliente, aiutandolo a scoprire le sue risorse personali senza mai sovrapporre il proprio punto di vista o le proprie decisioni.
Verso la fine degli anni novanta la figura del coach compare anche nelle imprese. Inizialmente a supporto dei managers ed in seguito come figura evoluta nell’ambito della formazione e dello sviluppo delle risorse umane. Di fondamentale importanza è il lavoro che il personal coach ha fatto su sé stesso prima di potersi proporre sul mercato come professionista. Essendo un allenatore della mente, è importante non solo che conosca bene le tecniche e le padroneggi con una certa esperienza, ma soprattutto che operi in modo etico conoscendo perfettamente quali siano i confini tra questa modalità di intervento e altre che invece sono prerogativa ed esclusiva competenza del terapeuta. Il coaching rientra tra le cosiddette professioni non regolamentate e soggette quindi alla Legge 4/2013. Questo non esime il professionista dal curare scrupolosamente ed eticamente la propria formazione per evitare che il suo intervento si concretizzi più in una serie di proiezioni e seduzioni ai danni del cliente, in un gioco che ha l’unico scopo di affermare il proprio potere e le proprie velleità. Anche saper scegliere un bravo professionista, a volte, diventa un’arte!
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